| Les Plaisirs Traîtreux era un locale di strip, molto in voga tra i giovani di Astrid Town. Non c'era essere -umano o meno- che non lo avesse visitato almeno una volta; e perchè no, anche più. Ne avevo sentito tanto parlare -sia in bene che in male- ma io ero una di quelle rare eccezioni che non si erano prese la briga di andarci; i motivi erano tanti -a partire dalla reputazione di quel luogo, per proseguire con gli spettacoli, a mio avviso osceni e degradanti, e per concludere con le persone che lo frequentavano -; ma la ragione principale, forse, aveva nome e cognome: Leon LeRoy, proprietario del luogo. Meno lo vedevo in giro e meglio mi sentivo: per questo evitavo di entrare nella sua tana, senza avere una ragione valida che mi spingesse farlo. O, per lo meno, così avevo fatto fino a quella sera. Non sapevo spiegarmi il perchè, ma avevo desiderato vedere anch'io quel luogo tanto decantato da tutta la città. Così, appena gli ultimi raggi di sole aveva abbandonato il cielo all'oscurità più buia, di quella notte priva di stelle e di luna, ero uscita di casa e mi ero diretta ad Astrid Town. E ora, vestita di un corpetto nero e rigido, di un paio di pantaloni in pelle e di stivali con l'alto tacco a spillo -infondo, bisognava andare a tema, in questi luoghi-, mi accingevo a varcare la soglia del locale più rinomato della città. L'odore di alcohol, fumo e magia, mi investì in pieno, stordendomi: diavolo, se era forte. E disgustoso. Cominciava bene, la serata. Mi diressi al bancone, dove una signorina minuta e dall'aspetto fragile, mi fermò, per chiedermi di rilasciare qualsiasi oggetto sacro e/o arma. Bastò uno sguardo e uno scintillare di zanne, per convincerla a lasciarmi passare. Se non fossi stata io, forse non mi avrebbero lasciata entrare: l'enorme sala era tanto piena, che temevo si accettassero solo prenotazioni. Essere stata la Sovrintendente della Rosa per quindici anni, aveva i suoi lati positivi, infondo. E poi, nonostante i nostri dissapori, conoscevo molto bene il capo di quel locale. Un omaccione enorme, con la pelle scura e la testa rasata, mi invitò a seguirlo. Annusandolo, sentii puzza di Giglio. Da quando si assume al feccia? Mi domandai, ma mi premurai di tenere le labbra sigillate: non volevo scatenere una piccola rissa. Mi lasciò ad un tavolino vuoto, portando via le bottiglie e i bicchieri sporchi. Mi accomodai e quando una cameriera venne a chiedermi cosa desiderassi, ordinai sangue di vergine, felice di trovarlo sul menù come qualsiasi altra bevanda normale. Me lo portò subito dopo, in un calice piatto, ma non pagai: Leon sarebbe stato felicissimo di offrirlo, pensai con un ghignetto. Poi, cominciai a guardare lo spettacolo, dove quella che presumevo essere una ballerina, si muoveva sfrenata addosso ad un palo. Dio, non c'era veramente limite per la degradazione femminile.
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