| Era il Crepuscolo, ormai. Finalmente il giorno stava lasciando posto alle tenebre, che bramose di conquistare la notte, avanzavano velocemente, inghiottendo anche gli ultimi raggi di quel sole che scompariva all'orizzonte. Come di consuetudine, rimase ad osservare le ultime scie luminose baciare i dorsi freddi delle lapidi di quel cimitero, fortunatamente, poco frequentato. Se ne stava lì, appallottolata sul davanzale interno di una delle alte finestre in vetro colorato e dallo stile gotico, del mausoleo, sotto il quale si estendeva la sua graziosa villetta sotterranea. Si era risvegliata da poco e, nonostante il suo corpo non avvertisse affatto il bisogno di dormire, aveva deciso comunque di riposare un po' la mente e le ossa, in vista di quello che avrebbe dovuto affrontare da lì a qualche ora. Con la fronte poggiata sul vetro, scorgeva i raggi morire lentamente, mentre alzava lo sguardo al cielo e sospirava, sollevata di vedere la luna ridotta solo ad un piccolo spicchio. Per quella sera, la maledetta, non aveva alcun potere e sarebbe stata lei l'unica e indiscussa Regina della notte. Lei e nessun'altra. Vanità? Troppa sicurezza? Senso di superiorità? Poteva essere, ma infondo, a chi interessava davvero? E poi, ammetiamolo, poteva benissimo permetterselo. Le iridi color ghiaccio, così chiare da sembrare quasi cieche, scesero ad osservare un foglio stropicciato che teneva stretto tra le mani. Lo dispiegò e ne rilesse il contenuto, forse per la cinquantesima volta. Era una richiesta d'aiuto da parte di alcun villaggi nella periferia di Canterville. Più precisamente, da parte di quei villaggi che si trovavano nella zona di confine con la Gola Delle Zucche, una delle zone più oscure e misteriose di tutta la loro terra. Non c'era mai stata, ad essere sinceri, e non aveva mai avuto l'intenzione di visitarla, a dirla tutta. Cosa mai poteva celare un campo pieno zeppo solo e soltando di puzzolenti zucche? Niente. O per lo meno, niente che potesse interessarle davvero. Però, quell'annuncio appeso in ogni strada di Astrid Town e periferia, l'aveva davvero incuriosita. Un'intera strage in un villaggio vicino alla Gola: Pumpkin Town si chiamava. Si riteneva fosse opera di Litter Sain, un'antica e potente Strega. Una megera, per come la vedeva lei. Aveva deciso di affrontare quell'incarico: per chi riusciva a sconfiggere la tanto temuta Strega, c'erano in palio un mucchio di Gemme. E, nonostante con il negozio ormai avviato i soldi le fioccavano da tutte le parti, non aveva rinunciato ad un po' di sano divertimento. Era stato come quando si era iscritta al torneo: non lo aveva fatto perchè veramente si divertiva nel combattere - anzi, veramente era tutto il contrario. Lo aveva fatto solo per sciogliere le briglia di quella noia che la costringeva a vagare come un fantasma per tutta Canterville, senza meta. Quando anche gli ultimi raggi di sole furono scomparsi dietro le lontane Montagne Innevate, si alzò e si diresse nella villetta sotterranea, dove si vestì e prese tutte le sue armi -la coppia di katana, il fucile di precisione, la coppia di pistole e lo stiletto. Riuscì neanche cinque minuti dopo, tutta messa in tiro, neanche dovesse andare ad un'elegante festa. Però si sa, anche l'occhio vuole la sua parte. Così, vestita di un abito da gothic lolita nero e pomposo - eppure del tutto comodo-, un paio di ballerine in velluto e i capelli acconciati solo da un lato, con una molettina -che presto avrebbe sostituito, come di consuetudine, con una rosa insanguinata - uscì dal mausoleo. Non si diresse immediatamente alla cittadina devastata, ma tagliò per il bosco, dove, fortuitamente, trovò una giovane coppia di ragazzi. Il tempo di qualche minuto scarso, e i due giacevano in terra privi di vita e di sangue mentre lei, tutta allegra e con la sua rosa sanguinante tra i capelli boccolosi, si allontanava, saltellando come una bimba sui rami degli alberi. Arrivò finalmente a Pumpkin Town che era notte piena. Saranno state solo le nove e mezza, massimo le dieci, ma con l'arrivo dell'inverno le giornate si erano accorciate parecchio. Quando fece il suo ingresso nella cittadina, un forte odore di zucche andate a male la investì in pieno, entrandole con violenza nel naso dall'olfatto estremamente fine. Avrebbe vomitato, se solo non fosse stata a digiuno dal cibo da...circa 2000 anni? Smise di respirare, infondo non ne aveva bisogno per sopravvivere, e si guardò intorno, interessata. La prima cosa che notò, non furono le case devastate e le radici di enormi zucche che le trafiggevano, ne la grande quantità di morti che si riversavano per le strade, afflosciate come marionette senza fili. No. La prima cosa che notò furono le altre quattro persone che gironzolavano per le strade gremite di morte. La cosa la infastidì un poco: non era sola. Il buio non le impediva certo di vedere - anzi, ci vedeva meglio nell'oscurità che non alla luce, ovviamente - e riuscì a notare i volti delle quattro persone: due erano del tutto sconosciuti, mai incontrati e nemmeno visti di sfuggita. Il terzo lo riconosceva come il ragazzino che era andato al suo negozio più di una volta. Ma non aveva idea di quale fosse il suo nome. L'ultimo, invece, aveva avuto il piacere di incontrarlo qualche settimana prima, in una veste che non le piaceva troppo: quella della debole vampiruccia con la maledizione tra capo e collo. I capelli argentei e gli occhi dorati gli confermarono la presenza del Principe Vampiro: Nuada Silverlance. Fu l'unico che degnò di un'occhiata e di un cenno del capo, come saluto. Ma non gli rivolse parola. Si voltò immediatamente, cominciando a guardarsi intorno. Quella cittadina sembrava il raduno delle zucche. C'erano zucche e zucche e ancora zucche. In ogni parte del piccolo villaggio: zucche sul terreno; zucche nelle case; zucche sui terrazzi; zucche sui lampioni spenti. Zucche! Zucche! Zucche! Odiava le zucche. La cosa particolare erano le dimenzioni veramente enormi di alcune, tanto grandi che le loro radici erano riuscite a sfondare le mura degli alti palazzi e ora gli si attorcigliavano intorno. Altre, invece, sembravano aver sfondato l'asfalto della città e quindi il suolo, ora, appariva completamente dislivellato, con dossi innaturali e crepe profonde. Sarebbe stato davvero difficile camminarci. Non per lei ovviamente. La bella vampira, il cui nome era Heaven, si mosse con calma ed eleganza, come se la strada fosse una bella pista da ghiaccio, dove danzare con la sua andatura cadenzata e posata. Esaminò qualche zucca, senza toccarla - gli faceva schifo il loro odore, non voleva rimanerne impregnata per tutta la missione. Poi, si avvicinò ad uno dei cadaveri che giacevano al suolo e si piegò sulle ginocchia, per esaminarlo più da vicino. Gli sfiorò il viso, voltandolo. Era freddo quasi quanto lei. Gli occhi erano spalancati, ma bianchi. E, cosa più importante, giaceva in un mare di sangue. Toccò l'asfalto e si sporcò appena la punta delle dita di liquido rossastro: era quasi secco, segno che la catastrofe era avvenuta già da qualche giorno. Annusò il suo odore: odore di morte. Non era più buono quel sangue, decisamente. Non che avesse voglia di berne, sia chiaro. Si rialzò e tirò fuori dalla tasca della gonna, un fazzoletto, con il quale si ripulì la mano. Poi, continuò la sua perlustrazione, in cerca di qualche indizio.
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